Per la deducibilità della perdita di un credito, la norma di riferimento è quella dell’art. 101, comma 5, TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).
Il contribuente può dedurre i propri crediti nei seguenti casi alternativi:
- Se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali
- Se si tratta di crediti “di modesta entità” scaduti da almeno 6 mesi
- Se il diritto alla riscossione del credito risulta prescritto
- Se vi sono “elementi certi e precisi” che indichino la definitività della perdita
- DEBITORE ASSOGGETTATO A PROCEDURE CONCORSUALI
Le perdite su crediti sono deducibili se il debitore
- è assoggettato a procedure concorsuali
- ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
- ha concluso un piano attestato ai sensi dell’art. 67, terzo comma, lettera d) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
Il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o, per i piani attestati, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese”.
La norma, pertanto, ammette la deducibilità delle perdite su crediti indipendentemente dalle eventuali valutazioni circa la possibilità di ottenere, o meno, il soddisfacimento del credito concorsuale in sede di riparto. L’eventuale successivo soddisfacimento del credito, qualora lo stesso sia stato stornato a perdita, e questa sia stata dedotta, costituirà una sopravvenienza attiva, tassabile nella misura risultante dal piano finale di riparto.
- CREDITI DI MODESTA ENTITA’
L’art. 101 comma 5 del TUIR prevede la deducibilità automatica della perdita relativa a crediti di modesta entità, per i quali sia decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza del pagamento. In questi casi, infatti, avviare le procedure di recupero del credito potrebbe risultare antieconomico.
Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese con volume d’affari o di ricavi non inferiore a 100 milioni di euro annui, e non superiore a 2.500 euro per le atre imprese.
L’importo del credito da confrontare con la soglia è dato dal valore nominale comprensivo dell’Iva. Se il credito è stato riscosso parzialmente, rileva il valore al netto degli importi incassati.
- CREDITI PRESCRITTI
Le perdite su crediti prescritti sono deducibili. Del resto la perdita su un credito commerciale presuppone – nella generalità dei casi – l’avvenuta tassazione del ricavo rilevato nel momento in cui il credito è stato iscritto in bilancio.
Dunque, la successiva deducibilità della perdita non comporta un salto d’imposta ma soltanto la rimozione del pregiudizio per il creditore di essersi visto tassare un ricavo mai effettivamente incassato.
- ELEMENTI CERTI E PRECISI
Decisamente più complesso è il trattamento fiscale delle perdite su crediti che non rientrino nei casi sopra menzionati ai punti 1), 2) e 3).
Le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi “certi e precisi”, ma la norma non chiarisce in cosa consistano tali elementi.
Se si escludono le alquanto improbabili esemplificazioni dell’Agenzia delle Entrate (lo stato di fuga, di latitanza o di irreperibilità del debitore, la denuncia di furto d’identità da parte del debitore, l’assenza del debitore dichiarata dal Tribunale ai sensi dell’art. 49 del Cod. civ.), gli altri casi saranno rimessi a valutazioni di fatto, effettuate caso per caso, finalizzate a dimostrare la “definitività” della perdita.
Si ritiene che la “definitività” di una perdita possa essere verificata solo in presenza di una situazione oggettiva di insolvenza non temporanea del debitore, riscontrabile qualora la situazione di illiquidità finanziaria e di incapienza patrimoniale del debitore sia tale da fare escludere la possibilità di un futuro soddisfacimento della posizione creditoria.
Possono considerarsi come sufficienti elementi di prova ai fini della deducibilità della perdita, tutti i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio il verbale di pignoramento negativo o la dichiarazione negativa dell’istituto bancario pignorato), sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva.
Un altro utile elemento di prova, a corredo di ripetuti tentativi di recupero senza esito, può essere rappresentato dalla documentazione idonea a dimostrare che il debitore si trovi nell’impossibilità di adempiere per un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale e che, pertanto, è sconsigliata l’instaurazione di procedure esecutive.
Al riguardo possono essere tenute in considerazioni le lettere redatte dal legale incaricato alla riscossione del credito, sempre che nelle stesse sia obiettivamente identificabile il credito oggetto dell’attività di recupero, l’attività svolta per recuperare tale credito e le motivazioni per cui l’inesigibilità sia divenuta definitiva a causa di un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore (mancanza di beni immobili o mobili di proprietà del debitore).
Chiaramente, in caso di contestazione da parte del fisco, spetterà al contribuente dimostrare l’esistenza di tali elementi certi e precisi per portare in deduzione la perdita.
QUANDO PORTARE A PERDITA UN CREDITO
Il periodo d’imposta nel quale deve essere dedotta la perdita sul credito coincide con l’anno solare in cui si sono manifestati per la prima volta gli elementi certi e precisi di tali perdite, non potendo il contribuente scegliere a proprio arbitrio l’esercizio d’imposta ritenuto più opportuno.