LA TUTELA DEI LAVORATORI SUBORDINATI: L’ACCESSO AL FONDO DI GARANZIA ISTITUITO PRESSO L’INPS ED IL RAPPORTO CON L’ART. 102 L. FALL.

Il legislatore italiano con l’art. 2 della legge n. 297 del 29 maggio 1982 ha istituito, presso l’INPS, il Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto (c.d. TFR) con il fine di sostituirsi al datore di lavoro in caso di sua insolvenza, nel pagamento del trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c. spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.

Il legislatore italiano ha previsto la tutela dei lavoratori, sia nelle ipotesi in cui il datore di lavoro sia assoggettabile alle procedure concorsuali, sia in quella in cui il datore di lavoro non sia assoggettabile ad esse.

  • La prima ipotesi riguarda il datore di lavoro dichiarato fallito, ammesso al beneficio del concordato preventivo oppure in liquidazione coatta amministrativa ovvero sottoposto all’amministrazione delle grandi imprese in crisi;
  • Nel secondo caso la medesima richiesta del lavoratore subordinato può essere avanzata ma, sempre che, a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti.

L’applicazione legislativa richiamata si basa sui seguenti presupposti:

  1. Cessazione del rapporto di lavoro (licenziamento, dimissioni, scadenza del termine in caso di lavoro a tempo determinato).
  2. Il mancato pagamento del credito per t.f.r. e relativi accessori (rivalutazione ed interessi fino al saldo) e/o il credito relativo agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che precedono:
    • La data del provvedimento che determina l’apertura della procedura concorsuale; oppure,
    • La data di inizio della esecuzione forzata; oppure,
    • La data del provvedimento di messa in liquidazione o di cessazione dell’esercizio provvisorio ovvero l’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio dell’impresa per i lavoratori che abbiano continuato a prestare l’attività lavorativa ovvero la data di cessazione del rapporto di lavoro se questa è intervenuta durante la continuazione dell’impresa.

Il lavoratore, quindi, può ottenere dal Fondo di Garanzia il pagamento dei crediti su individuati ancor prima del piano di riparto, anche parziale, predisposto dal curatore.

Il Fondo di Garanzia si sostituisce al datore di lavoro ma non lo garantisce nel pagamento: si accolla ex lege il suo debito (con esclusione delle somme dovute per rivalutazione monetaria ed interessi), ma non ha azione di regresso nei confronti del datore di lavoro insolvente, in quanto si surroga di diritto al lavoratore, quale condebitore solidale anche nel privilegio spettante ex artt. 2751 bis c.c. (Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti: 1) le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile; 2)……..) e 2776 c.c. (I crediti relativi al trattamento di fine rapporto nonché all’indennità di cui all’art. 2118 (recesso dal contratto a tempo indeterminato) sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari. ……)

Ambito applicativo dell’art. 102 L. Fall. e tutela dei lavoratori subordinati

 
Il nuovo art. 102 L. Fall. disciplina l’ipotesi in cui il curatore si trovi nell’impossibilità di acquisire attivo che consenta il pagamento, anche se pur parziale, dei crediti concorrenti insinuati al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura.     
L’art. 102 L. Fall. si limita a disporre che il curatore a fronte di una previsione di insufficiente realizzo possa non procedere con l’accertamento dei crediti concorsuali. La disamina del profilo soggettivo della norma impone alcuni quesiti.
  • Innanzitutto se fra i creditori concorsuali debbano essere inseriti anche coloro che sono titolari di diritti reali e personali, mobiliari ed immobiliari e che, quindi, presentino le domande di rivendicazione o di restituzione di beni effettivamente rinvenuti in sede di inventario.

Secondo la dottrina la risposta non può che essere negativa in quanto le pretese di rivendicazione e restituzione sono per loro stessa natura insensibili alle questioni attinenti l’insufficiente realizzo.

  • Se la norma, per effetto della sua applicazione, possa collidere con quelle che sono invocate dal lavoratore subordinato per poter accedere al Fondo di Garanzia istituito presso l’Inps, le quali in ipotesi di insolvenza del datore di lavoro, presuppongono l’accertamento del passivo.

Ebbene, anche in questo caso la risposta non può che essere negativa, in quanto al lavoratore che non ha ottenuto un provvedimento di ammissione al passivo fallimentare a seguito dell’applicazione dell’art. 102 L. Fall., non è preclusa la possibilità di chiedere l’intervento del Fondo di Garanzia istituito presso l’Inps.

Questa tesi si basa sul rilievo che, se l’intervento del Fondo di Garanzia deve riconoscersi anche nell’ipotesi nella quale il datore di lavoro non sia assoggettabile a fallimento anche per vicende oggettive, quali ad es. il decorso dell’anno (art. 10 L. Fall.: Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo), a maggior ragione esso deve ritenersi operativo nelle ipotesi in cui il datore di lavoro sia in concreto effettivamente assoggettato al fallimento, ma ragioni di speditezza ed economia processuale, connesse all’assenza di attivo, abbiano deposto per l’omissione della fase della verifica del passivo.

 

Infine il provvedimento di approvazione dello stato passivo, emesso dal Giudice Delegato, ha solo efficacia preclusiva all’interno della procedura fallimentare e non acquista efficacia di cosa giudicata, nel senso che esso, ove non sia modificato in sede di opposizione, di impugnazione o di revocazione, accerta esclusivamente i diritti dei creditori (e ne disciplina la posizione in ordine all’ammontare ed al rango del credito) ai soli fini del concorso.

Premesso ciò, è evidente che il mancato accertamento del credito deciso a seguito dell’applicazione dell’art. 102 L. Fall. non determina alcun pregiudizio al creditore concorsuale.  È onere del creditore documentare e provare, in ogni caso, il credito di cui asserisce la titolarità, in base al principio sancito dal diritto positivo di cui all’art. 2697 c.c.

 

Ambito operativo dell’art. 102 L. Fall.: profili procedurali

 

Cosa succede nell’ipotesi in cui il Curatore, successivamente al decreto emesso dal Tribunale ex art. 102, comma 3 L. Fall. (Il curatore comunica il decreto di cui al primo comma (che dispone di non procedere con l’accertamento del passivo) ai creditori che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo ai sensi degli art. 93 e 101 i quali nei 15 giorni successivi, possono presentare reclamo alla corte d’appello che provvede con decreto in camera di consiglio sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori ed il fallito), reperisca attività prima ignorate?

La dottrina prevalente ritiene che questo decreto possa essere modificato o revocato e nel caso in cui tale circostanza si verificasse dopo la chiusura del fallimento, ne determinerebbe la riapertura.

Secondo l’art. 102, comma 1, L. Fall. il Tribunale decide con decreto motivato. Si evidenzia che se esso è pronunciato prima della formazione dello stato passivo si determina la fissazione di una nuova udienza di verifica. Se esso è pronunciato dopo il decreto di esecutività dello stato passivo, si produce la estinzione degli eventuali giudizi di impugnazione promossi ex artt. 98 e 99 L. Fall., per evidente improcedibilità delle domande.

 

Infine si evidenzia che l’ipotesi disciplinata dall’art. 102 L. Fall. non determina la chiusura del fallimento (art. 118 L. Fall.), in quanto la norma fa salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese della procedura. Infatti l’art. 118 n. 4 L. Fall. (La procedura di fallimento si chiude: 4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura.) si applica quando non vi è attivo neppure per il soddisfacimento di tali crediti