NUOVI PARAMETRI PER L’ASSEGNO DIVORZILE

La sentenza n. 11504/2017 emessa dalla Corte di Cassazione ha chiuso l’era del matrimonio come sistemazione definitiva e dell’assegno come “rendita parassitaria”. Del resto, secondo la Suprema Corte, il divorzio estingue definitivamente ogni rapporto tra i coniugi, anche patrimoniale. Di conseguenza, l’assegno – considerata la sua natura assistenziale (per sostenere l’ex bisognoso) – andrà riconosciuto solo a chi sia privo dei mezzi sufficienti a vivere (non a conservare il precedente tenore di vita) o non possa procurarseli per ragioni legate all’età, alla salute o al mercato lavorativo.

Secondo l’innovativa decisione, dunque, il mensile è legato all’accertamento dell’autosufficienza economica del soggetto in base a indici precisi:

  • Possesso di redditi;
  • Di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari;
  • Stabile disponibilità di una abitazione.

Per il resto, non rimane che affidarsi alla giurisprudenza che, ad esempio, ha già cancellato l’assegno per chi abbia avviato una stabile convivenza (Cassazione 25528/2016), anche se palesata come mera amicizia (Cass. 6009/2017); per il benestante (Tribunale di Roma 8 gennaio 2016); per il disoccupato che goda di altri redditi (Cassazione 10099/2016).

Nulla cambia sul versante della separazione.

Vediamo, allora, quali sono le regole per dirsi addio e quale tutela economica è prevista a fine rapporto per la parte più debole di una unione civile. Più agile, rispetto a quello per gli sposati, è l’iter per lasciarsi: i componenti dell’unione possono sciogliere il vincolo direttamente, senza passare dalla separazione, purché comunichino all’ufficiale di stato civile, anche disgiuntamente, l’intenzione di dividersi. Decorsi tre mesi, poi, potranno proporre domanda di scioglimento. L’unione, però, si interrompe anche se uno dei due cambia sesso. Viceversa se la rettifica anagrafica di sesso avviene all’interno di un matrimonio e i coniugi non vogliono chiuderlo, il rapporto si trasforma in unione.

Anche per chi è legato dall’unione civile sono aperte le strade alternative per divorziare in comune, davanti all’ufficiale dello stato civile, o con la negoziazione assistita degli avvocati. E nell’ipotesi in cui l’unione finisca, si applicheranno – considerata la quasi totale equiparazione degli uniti ai coniugi – le stesse regole, valide per il matrimonio, in materia di alimenti al partner economicamente più debole.