RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE PER OMESSA IMPUGNAZIONE

Con la sentenza n. 25112/2017 la Corte di Cassazione, sez. III^ Civ., si è pronunciata in tema di responsabilità professionale per omessa impugnazione applicando lo strumento della presunzione ai casi di responsabilità degli avvocati per omessa impugnazione di pronunce giudiziarie e dei commercialisti per gli atti impositivi dei tributi.

Nel caso di specie, la Corte si in merito ad un caso di mancata riassunzione del giudizio di rinvio nella vicenda che ha riguardato un lavoratore illegittimamente licenziato.

La mancata riproposizione del ricorso al Giudice del rinvio, in seguito al giudizio favorevole della Cassazione, aveva fatto scattare la prescrizione, con conseguenze negative in capo al lavoratore licenziato.

Da ciò prende le mosse il giudizio promosso dal lavoratore licenziato per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della negligenza del legale nella riproposizione del ricorso innanzi al Giudice del rinvio. A tal proposito la Cassazione ha avuto modo di esprimersi attraverso un principio di diritto.

In particolare la Corte ha ricordato alcuni precedenti in tema di responsabilità civile, ove i principi conduttori devono necessariamente rifarsi alla regola del “più probabile che non”, dando seguito all’evidenza prevalente in giudizio e non invece ispirarsi allo stringente principio “dell’oltre ogni ragionevole dubbio” che regola la responsabilità penale.

Il principio del “più probabile che non” deve, a detta della Corte, trovare applicazione anche in materia di responsabilità professionale per la condotta omissiva tenuta, nel caso di specie, dal legale del lavoratore licenziato. Ne consegue che il giudice “accertata l’omissione di un’attività invece dovuta in base alle regole della professione praticata, nonché l’esistenza di un danno che probabilmente ne è la conseguenza, può ritenere, in assenza di fatti alternativi, che tale omissione abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno”.

Da tenere distinte, tuttavia, sono le ipotesi in cui la condotta attiva avrebbe permesso di evitare l’evento dannoso, dalle ipotesi in cui la condotta attiva avrebbe soltanto prodotto un vantaggio ulteriore.

In entrambe le ipotesi sussistono gli estremi per il riconoscimento di responsabilità del professionista negligente, tuttavia se nel primo caso l’evento dannoso si è effettivamente verificato, nella seconda ipotesi il danno deve essere sottoposto ad un giudizio di probabilità “dato che il vantaggio patrimoniale che il danneggiato avrebbe tratto dalla condotta altrui, che invece è stata omessa, non si è realmente verificato e non può essere empiricamente accertato”.

 

La pronuncia della Suprema Corte, dunque, abbraccia fedelmente la situazione in cui avvocati e commercialisti possono venirsi a trovare nell’ipotesi in cui – nell’esercizio della loro professione – omettano di impugnare un atto avendone la possibilità.