SE LA SOPRAELEVAZIONE COMPROMETTE LA STABILITÀ DELL’EDIFICIO, L’AZIONE PER IL RIPRISTINO È IMPRESCRITTIBILE

L’azione di accertamento negativo volta a far valere l’inesistenza del diritto di sopraelevare e tendente alla demolizione dell’opera che non rispetti il requisito della stabilità dell’edificio può essere proposta senza limiti di tempo.

Ciò ha statuito la Cassazione con la sentenza n. 20228 del 23.08.2017.

Vediamo innanzi tutto qual è il quadro della normativa vigente.

L’art. 1127 c.c. attribuisce al proprietario esclusivo dell’ultimo piano (o del lastrico solare) la possibilità di sopraelevare, realizzando, quindi, una nuova opera oltre l’ultimo piano. È tuttavia previsto, nello stesso articolo, il diritto degli altri condomini di opporsi alla sopraelevazione “se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria e la luce dei piani sottostanti”, nonché l’obbligo, in capo a chi sopraeleva di corrispondere una indennità agli altri proprietari e di ricostruire il lastrico solare.

Il secondo comma dell’art. 1127 c.c. ha, inoltre, statuito che la sopraelevazione sia, in ogni caso, inammissibile qualora “le condizioni statiche dell’edificio non la consentano”.

I condomini dei piani sottostanti hanno, dunque, diritto di opporsi ad un’opera che alteri il decoro dell’edificio condominiale o ne pregiudichi la stabilità. Detto diritto può essere esercitato anche dopo l’effettiva realizzazione dell’opera stessa agendo nei confronti del proprietario dell’ultimo piano per ottenere la condanna di quest’ultimo alla riduzione in pristino dei luoghi (oltre che al risarcimento dei danni).

In questo ambito si è posta varie volte la questione della sussistenza o meno di un termine prescrizionale entro il quale il diritto all’opposizione debba, essere esercitato. In altre parole: una volta eseguita la sopraelevazione quanto tempo hanno gli altri condomini per opporsi?

Nell’ipotesi esaminata dalla Corte di Cassazione il proprietario dell’ultimo piano, condannato (in primo e secondo grado) alla demolizione della sopraelevazione aveva adito la Suprema Corte adducendo, tra l’altro, proprio la prescrizione del diritto degli altri condomini alla riduzione in pristino.

La Cassazione, uniformandosi ai precedenti giurisprudenziali in materia, ha rimarcato la necessità di distinguere tra sopraelevazione che compromette la staticità dell’edificio e sopraelevazione che ne pregiudica unicamente il decoro.

Già in passato la Corte di Cassazione aveva chiarito che il diritto dei condomini a non vedere turbato il profilo architettonico dello stabile incontrasse un preciso limite temporale, non potendo essere esercitato oltre il termine (ventennale) entro il quale il proprietario dell’ultimo piano matura il diritto a mantenere la nuova opera. In tale caso, infatti, “il diritto reale ad opporsi concretandosi in una limitazione del diritto di proprietà altrui, non può che estinguersi, al pari delle servitù, per prescrizione ventennale in caso di mancato esercizio e, di contro, non possono non essere salvi gli effetti dell’usucapione in conseguenza del possesso dell’immobile” (Cass. Civ. n. 17035 del 2012).

Diverso è il caso di sopraelevazione non consentita dalle condizioni statiche dell’edificio.

Con la pronuncia n. 20288 del 2017 la Corte di Cassazione ha ribadito che nell’ipotesi da ultimo richiamata “è, invece, imprescrittibile l’azione di accertamento negativo tendente a far valere l’inesistenza del diritto di sopraelevare, mancando un presupposto della sua stessa esistenza”.

L’azione volta ad ottenere la demolizione dell’opera che non rispetti il presupposto normativo della stabilità dell’edificio può, dunque, essere esercitata senza limiti di tempo. In tale caso, infatti, l’azione non è volta a limitare un diritto in sé esistente, bensì proprio a farne valere l’inesistenza per insussistenza di un requisito previsto dalla legge.

Nel caso sottoposto alla Cassazione, la consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado aveva appurato che la sopraelevazione “avesse inciso sui carichi permanenti e sui sovraccarichi accidentali dell’edificio con conseguente pregiudizio statico”.

La Suprema Corte, quindi, sulla scorta di dette considerazioni, aveva rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata dal proprietario dell’ultimo piano stante l’imprescrittibilità, in questo caso, del diritto ad ottenere la riduzione in pristino.